Riflessioni sul significato dell’agire in quanto attori costituzionali

Il numero di gennaio della rivista “Aggiornamenti sociali” dedica al tema del legame tra azione del Terzo Settore e messa in opera dei principi costituzionali un’interessante raccolta di riflessioni. “Il Codice del Terzo Settore”, dice Paolo Foglizzo, curatore della raccolta, “radica il comparto nell’art. 118 della Costituzione, riconoscendolo come strumento attraverso cui si attua «l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati» che, quando è diretta allo «svolgimento di attività di interesse generale», lo Stato e gli Enti territoriali hanno il compito di favorire, in base al principio di sussidiarietà”. Il legame tra TS e Costituzione si concretizza nel Codice attraverso l’elenco di temi considerati di interesse generale e che devono essere oggetto delle attività degli Enti perché questi possano essere considerati come appartenenti al Settore.

Ma, continua Foglizzo, “basta l’appartenenza delle attività svolte a una determinata tipologia a testimoniare che si opera nell’interesse generale? Davvero non occorre provare a misurare e valutare l’effetto delle attività? C’è uno spazio per la considerazione delle modalità operative con cui le attività sono gestite o conta solo il loro output o prodotto finale?”

La questione posta dalla rivista è di particolare interesse e permette di approfondire il significato concreto dell’agire degli enti del Terzo Settore in quanto attori costituzionali, tema oggetto dell’edizione 2024 di Civil Week. Gli autori dei pezzi contenuti nella raccolta sottolineano la necessità che la natura costituzionale dell’agire associativo (inteso come il molteplice e plurale lavorio del TS in tutte le sue forme organizzative) si radichi prima ancora che nella concretizzazione delle attività in una dimensione culturale che ponga al centro la tensione al cambiamento sociale evitando così di appiattirsi, afferma Andrea Morniroli[1], sul “contenimento dell’esistente e sulla riduzione del danno”. Il rischio sarebbe altrimenti, sottolinea Morniroli, di agire come semplici “ammortizzatori” invece che come motori di cambiamento. Il principio originario di sussidiarietà contenuto nella Carta Costituzionale contiene infatti l’idea di una spinta innovativa che va al di là della fornitura di servizi in collaborazione con e per conto della Pubblica Amministrazione e che consiste “nell’individuazione di bisogni e domande, favorendo risposte più efficaci da parte dei servizi”. Si tratta quindi di una funzione svelatrice del sociale e delle sue criticità che non può, e non dovrebbe, basarsi esclusivamente su logiche quantitative e di rendiconto economico.

Non si può negare che il tema dei finanziamenti sia centrale per gli Enti del Terzo Settore. Sarebbe ingenuo pensare che questi possano agire il loro ruolo di sussidiarietà orizzontale, sancito dalla Costituzione, senza considerare la sostenibilità economica di tale azione. È importante però, conclude il coordinatore del Forum,  “mantenere un equilibrio tra ispirazione di fondo dell’organizzazione ed esigenze di impresa” ed interrogarsi costantemente sul “capire se con il nostro lavoro restituiamo voce, protagonismo e potere alle persone o se, al contrario, li tratteniamo” impostando la relazione di servizio in una dimensione relazionale fornitore-utente che spersonalizza la cura e il servizio a favore di una gestione più efficace da un punto di vista economico-quantitativo nonché burocratico-amministrativo.

Risulta ormai abbastanza evidente che la Riforma del Terzo Settore, intenzionalmente o meno, abbia sottoposto gli enti, scrive Giovanni Moro[2], a “una duplice pressione: da una parte verso la “amministrativizzazione”, cioè la trasformazione in organismi tecnici a servizio della Pubblica amministrazione; dall’altra verso la “mercatizzazione”, cioè l’assunzione di una logica d’impresa come base della gestione”. Al netto di questo però, è responsabilità degli enti salvaguardare e valorizzare una cultura della sussidiarietà in senso costituzionale che metta al centro la cura delle relazioni, sia interne che esterne, e la tensione al cambiamento e al dibattito, combattendo “la profonda scissione tra pratiche e cultura del lavoro sociale” sottolineata da Luca Borzani[3]. Agire in quanto attori costituzionali comporta quindi, secondo Moro, un lavoro di costruzione di “coerenza tra intenzioni e pratiche nella concretezza delle modalità di gestione delle attività”. Non è solo cosa facciamo, ma anche, e soprattutto, come lo facciamo che caratterizza la nostra azione come tesa all’interesse generale in modalità trasformativa. Non è forse un caso in questo senso che i risultati emersi dal Tour di progettazione diffusa organizzato da CSV Milano per accompagnare gli enti alla nuova edizione di CW Vivere evidenzino una concezione attiva della sussidiarietà incentrata sulle modalità più che sull’oggetto delle attività: collaborazione, partecipazione, (co)responsabilità, reciprocità, condivisione e solidarietà sono le parole più usate dalle organizzazioni incontrate nei vari territori per descrivere il principio costituzionale. Affinché non rimangano semplicemente degli enunciati di principio, è necessario che tali valori si traducano in pratica quotidiana volta alla costruzione di relazioni di cura collettiva e reciproca e guidata dalla volontà di contribuire ad una trasformazione della società, che questo lo si faccia all’interno dei quadri istituzionali del welfare o meno.

È esattamente perché vogliamo essere “motore del cambiamento” (CW2022) e perché “ci prendiamo cura” (CW2023) che “la Costituzione siamo noi” (CW2024), ma renderlo concreto è più complesso di quanto si possa pensare. Ci auguriamo allora che questa nuova edizione della settimana dell’impegno civico e dell’associazionismo possa essere realmente occasione di rimessa a tema delle modalità attraverso le quali tutti noi, enti e cittadin* attiv*, possiamo contribuire in maniera trasparente, competente e innovativa a far sì che siano rimossi “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (Costituzione Italiana, art. 3).

 

Per approfondire: Terzo settore: come operare nell’interesse generale? Riflessioni a partire dall’esperienza di San Marcellino (aggiornamentisociali.it)

 

[1] Coordinatore del Forum disuguaglianza diversità e amministratore Cooperativa sociale Dedalus (Napoli)

[2] Sociologo e responsabile della Fondazione per la Cittadinanza Attiva (FONDACA),

[3] Direttore della rivista La Città

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